Ispirazioni
Salone del Mobile di Milano: ieri, oggi, domani
Sta per iniziare la 62° edizione della manifestazione in assoluto più attesa da architetti, designer, aziende, brand, addetti al settore. Ripercorriamone in sintesi la storia fino ad arrivare alle novità più attese di quest’anno.
Correva il lontano 1961, quando un gruppo di tredici intraprendenti mobilieri lombardi ebbe l’intuizione di organizzare la prima edizione di quello che sarebbe diventato il format forse più fortunato della storia del design, Made in Italy prima, internazionale oggi: il Salone del Mobile. L’idea, era mettere in piedi la prima fiera milanese legata al mondo dell’arredo e ad organizzarla fu il Cosmit, Comitato organizzatore del Salone del mobile italiano, che nel 1987 “per l’importante contributo alla promozione e diffusione del settore design” venne insignito del premio Compasso d’Oro.
Da subito i numeri furono piuttosto importanti: quasi 12mila mq di area espositiva, con 328 aziende partecipanti e due terzi di visitatori esteri (elemento che fece immediatamente comprendere la potenza commerciale e culturale di questa manifestazione, che infatti dopo pochi anni venne internazionalizzata). Per trent’anni, fino al 1991, il Salone si svolse ad anni alterni. Cambiò velocemente e più volte assetto, crescendo in maniera esponenziale, attraverso la scelta di rendere sempre più organici i suoi allestimenti, cosa che ne rafforzò l’identità. Insieme, crebbero successo, reputazione, visitatori, espositori internazionali, eventi collaterali. E’ infatti del 1967 la prima mostra che esce dalla fiera e si contamina con la città, inaugurando il programma culturale che ogni anno, ormai, affianca la manifestazione: “Mostra retrospettiva per una documentazione sul design del mobile in Italia dal 1945 a oggi”.
Era tale il potenziale, e tanti i cambiamenti in corso nella società e nel modo di vivere lo spazio domestico che ben presto nacquero anche le prime due biennali del Salone: EuroCucina nel ’74 ed Euroluce nel ’76, segno che la tecnologia iniziava ad integrarsi nei mobili, diventando elemento d’arredo a sé, e parte della quotidianità di molte famiglie italiane. Negli anni Ottanta il design è un trend in accelerazione, e il Salone del Mobile si allinea per seguirlo, aprendosi ancora a nuovi segmenti: dal 1982, infatti, si affianca Eimu, momento dedicato all’arredo ufficio (poi ribattezzato SaloneUfficio e oggi Workplace3.0). Con un successo internazionalmente consolidato, negli anni Novanta il Salone del Mobile. Milano punta tutto sulla comunicazione e sugli eventi, iniziando a dedicare mostre monografiche ai Maestri del design – Achille Castiglioni nel 1996, seguita poi da quelle su Joe Colombo, Gio Ponti, Vico Magistretti, Alvar Aalto, Bruno Munari ed Ettore Sottsass – e commissionando a Massimo Vignelli di progettarne l’immagine coordinata con cui, nel 1998, vince il Compasso d’Oro.
Nello stesso anno nasce anche una delle sue più vincenti manifestazioni collaterali: il SaloneSatellite. Ideato da Marva Griffin Wilshire per promuovere i giovani, in effetti, per molti designer oggi affermati, ha rappresentato un trampolino fondamentale, “svezzandone” più di 14.000.
Un appuntamento tra l’altro che quest’anno spegne 25 candeline – festeggiando con una mostra wunderkammer in Triennale – e con la 13° edizione del SaloneSatelliteAward, presieduta sempre da Paola Antonelli, Senior Curator in the Department of Architecture and Design del MoMA di New York. Negli anni Duemila, il Salone del Mobile.Milano è ormai un appuntamento trasversale, con numeri in continua crescita e sempre maggiore interazione con una città che si fa policentrica, ospitando installazioni diffuse negli showroom e in giro per i distretti, il FuoriSalone (che solo quest’anno ha messo in calendario 770 eventi diffusi). Ma soprattutto, dopo 44 anni nella Fiera Campionaria, dal 2005 la rassegna viene spostata nella Fiera Milano Rho, 150.000 mq espositivi realizzati da Massimiliano Fuksas. Un appuntamento imperdibile per gli addetti al settore, che solo nel 2020 ha subito – per ovvi motivi – una battuta d’arresto e che nel 2021, sotto la guida di Stefano Boeri, divenne Supersalone, con un cambio di format e uno spostamento a settembre.
E quest’anno, quali le novità principali? Dal 16 al 21 aprile, la 62° edizione si rinnova, a partire dal layout espositivo, progettato ad anello da Lombardini22 per migliorare l’esperienza di visita attraverso l’analisi delle reazioni neurologiche, emotive e percettive dei visitatori. E grazie a un ricco palinsesto di talk curato da Annalisa Rosso, tavole rotonde e installazioni site-specific. Come “Interiors by David Lynch. A Thinking Room”, due stanze del pensiero speculari, omaggio al celebre regista dell’inconscio, con la curatela di Antonio Monda e la collaborazione del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, per il progetto esecutivo e allestimento. Con esse, il Salone del Mobile.Milano riflette, in modo originale e immaginifico, sulla produzione di interni e su quanto questa sia in relazione profonda con l’interiorità. “Under the Surface” progettata e realizzata da Accurat, Design Group Italia ed Emiliano Ponzi per il Salone Internazionale del Bagno, che riflette su etica, tecnologia, fragilità dell’acqua. Ma soprattutto che prova a capire a che punto è il design dell’arredo bagno rispetto alla sostenibilità idrica. E, al centro di EuroCucina, “All You Have Ever Wanted to Know about Food Design in Six Performances” un grande palcoscenico che ospita sei food magazine indipendenti internazionali e che, insieme ad artisti, designer e chef provenienti da tutto il mondo, presenteranno presente e futuro degli ingredienti che la natura ci offre.
Un ecosistema complesso che conta 1.900 espositori, di cui 600 talenti under 35 e 22 scuole di design, e una serie di universi: il Salone Internazionale del Complemento d’Arredo, Workplace3.0, S.Project, EuroCucina con FTK, il Salone Internazionale del Bagno, il SaloneSatellite. Evoluzione e innovazione, etica, sostenibilità, tecnologia le parole chiave. “Cogliere le nuove tendenze, l’evoluzione di un intero settore coinvolgendo e ascoltando le community vicine e lontane, identificando nuovi approcci, metodologie e tecnologie, sperimentando, in una espressione stare sulla frontiera: questa l’ambizione ancora oggi del Salone del Mobile” afferma Maria Porro, Presidente.
Che poi, sotto sotto, sembra essere lo stesso slancio che ha Catia Fattorini rispetto al fatto che a Roma manchi una settimana del design, che invece – seppur molto differente nella forma da quella milanese – sarebbe utilissima. Questo senza neanche lontanamente paragonare le due città, i due tessuti, le due storie. Parlando, piuttosto, di far fronte ad un problema legato alla mancanza di comunicazione e alla totale assenza di una visione sistemica di fare design, qui.
“A Roma il potenziale inesplorato è grande, quello che manca è la volontà” afferma Catia Fattorini. “Certo, bisognerebbe completamente ripensare il format, declinandolo in base al contesto e ai player coinvolti. A Roma, la design week potrebbe svolgersi con ritmi differenti, e sparsa nei tantissimi spazi culturali che ci sono, partendo dagli Istituti di cultura e i Palazzi storici o ai beni archeologici (come fu MEET DESIGN SHOW la mostra organizzata ai Mercati Traianei nel 2011, in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia) non soltanto gli showroom. Sarebbe bello si trovasse il modo di raccontare il design ad una città che di design conosce poco (nulla, in proporzione a Milano) non soltanto attraverso la vendita, ma la cultura: del progetto e dei progettisti, dei brand e della qualità, Made in Italy in primis. Se c’è una cosa che insegna il design è che bisogna avere coraggio.”
“A Roma il potenziale inesplorato è grande, quello che manca è la volontà” afferma Catia Fattorini. “Certo, bisognerebbe completamente ripensare il format, declinandolo in base al contesto e ai player coinvolti. A Roma, la design week potrebbe svolgersi con ritmi differenti, e sparsa nei tantissimi spazi culturali che ci sono, partendo dagli Istituti di cultura e i Palazzi storici o ai beni archeologici (come fu MEET DESIGN SHOW la mostra organizzata ai Mercati Traianei nel 2011, in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia) non soltanto gli showroom. Sarebbe bello si trovasse il modo di raccontare il design ad una città che di design conosce poco (nulla, in proporzione a Milano) non soltanto attraverso la vendita, ma la cultura: del progetto e dei progettisti, dei brand e della qualità, Made in Italy in primis. Se c’è una cosa che insegna il design è che bisogna avere coraggio.”